A pochi giorni dalla riapertura della scuola, celebriamo la Giornata mondiale dell’alfabetizzazione istituita il 17 novembre 1965 dall’UNESCO e dedicata quest’anno all’istruzione in tempi di pandemia.
La scuola è il primo e fondamentale ascensore sociale: senza istruzione non c’è progresso, collettivo e individuale, non c’è libertà, non c’è futuro.
Le persone che non hanno accesso all’alfabetizzazione sono circa 750 milioni nel mondo: a ciascuno di loro è impedito di migliorare la propria condizione sociale, di fare valere i propri diritti, di comprendere appieno le proprie responsabilità e di partecipare alla crescita. Sono per lo più persone che vivono nelle zone povere del pianeta: in maggioranza donne e bambini.
Dalla nostra parte del mondo, quella più ricca, le cose vanno meglio, ma non tantissimo, soprattutto in Italia che resta fanalino di coda fra i 35 Stati Ocse rispetto a capacità di lettura, comprensione di un testo e conoscenze scientifiche.
E tutto questo quando è oramai comprovato che, per “farsi largo” in un mondo che cambia ad una velocità impressionante e si fa ogni giorno più complesso, servono non solo conoscenze di base, ma sempre più specialistiche e raffinate. Ogni ambito oggi richiede un linguaggio specifico e conoscenze che devono continuamente confrontarsi su scenari sempre più vasti per essere validate.
Il divario italiano non è solo rispetto alle altre nazioni: ancora più profonda è la distanza tra il Nord e il Sud del nostro Paese. E mentre buona parte degli studenti del settentrione ha performance del tutto simili a quelli dei loro coetanei del Nord Europa, quelli del Sud restano gravemente penalizzati per mancanza di strutture materiali e immateriali.
La pandemia ha evidenziato, in modo drammatico, le troppe differenze che ci caratterizzano: nelle famiglie con maggiore potere economico i figli dotati di strumenti e connessione hanno potuto seguire, magari anche con l’aiuto di figure di riferimento, le lezioni a distanza, ma sono tantissimi i bambini e i ragazzi che sono rimasti esclusi dalla scuola. Bambine e bambini che hanno passato mesi senza che nessuno li abbia cercati e li abbia coinvolti nella continuazione di un’istruzione più difficile, ma non impossibile. Soprattutto bimbi stranieri, figli di genitori che conoscono poco la nostra lingua e che non hanno saputo leggere o interpretare i messaggi inoltrati dagli insegnanti.
Conosciamo bene la difficoltà di chi si sente ogni giorno sempre più escluso, sempre più lontano dalla possibilità di migliorare la propria condizione: gli assistenti sociali vedono ogni giorno la fatica delle famiglie, dei giovani, delle donne sole, degli anziani. Ogni giorno siamo chiamati a sostenere chi vive nella dolorosa condizione di non riuscire a interpretare fino in fondo la realtà che lo circonda, i cambiamenti del mondo del lavoro e della società. E sappiamo che è in questa condizione che nascono rabbia, sfiducia, senso di frustrazione.
Celebriamo quindi questa giornata che ci ricorda quanto ancora resta da fare sul piano della piena e globale alfabetizzazione, senza però sentirci esenti dal problema, come se non ci riguardasse.
E collaboriamo tutti per la riaperture delle nostre aule scolastiche in sicurezza, perché soltanto una buona scuola consentirà a tutti i nostri figli di avere una buona vita.