Una giornata di studio per riscrivere il modo di guardare ai diritti delle persone straniere e iniziare a dare riconoscimento, voce e tutele a migliaia di uomini, donne e bambini che oggi, in Italia e nel Veneto, non ne hanno. O ce l’hanno solo nelle dichiarazioni di principio, mentre le prassi amministrative li rendono, di fatto, “invisibili”. L’Ordine degli Assistenti sociali del Veneto, l’Università di Verona, la Fondazione nazionale Assistenti sociali – con il referente dell’area progetti Renato Briante – e il Cnoas – con il presidente Gazzi – si sono ritrovati con istituzioni ed esperti per una giornata di formazione e studio che parte dall’obiettivo di “Rendere visibili gli invisibili”.
Tante e tanti le e gli assistenti che hanno voluto partecipare all’evento che ha messo sotto la lente persone di cui si parla soltanto quando si presentano avvenimenti estremi: richiedenti asilo, persone in uscita dai centri di accoglienza, persone prive di riferimenti o di residenza, vittime di tratta, di sfruttamento, prostituzione, reti di accattonaggio o spaccio, caporalato, persone senza dimora o che non hanno gli strumenti culturali per esprimere o addirittura riconoscere i propri bisogni…
“Questo evento – ha
sottolineato la presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali del
Veneto Mirella Zambello – rientra nel nostro impegno a offrire
formazione e aggiornamento su tematiche sociali segnate da una sempre maggiore
complessità. Nelle nostre città e sul territorio in generale cresce il numero
di persone da tutelare, in quanto particolarmente fragili e vittime di
sfruttamento, che non hanno o non trovano accesso ai servizi, o addirittura li
temono.”
“Se c’è un tema che la nostra professione deve
affrontare è proprio quello degli invisibili,
i cui numeri stanno aumentando e che, come constatiamo ogni giorno, non riguardano soltanto le persone straniere–
ha detto Gianmario Gazzi – Gazzi ha inoltre invitato gli assistenti sociali a
“non appiattirsi su prestazioni e procedure, ma a formarsi per creare soluzioni
nuove che prevengano l’invisibilità”.
“Tra servizi in divenire e progetti sperimentali spesso a rimanere
invisibili sono proprio i progetti, soprattutto quando manca una programmazione
in grado di comprendere i bisogni delle persone più vulnerabili, come quelli
dei residenti stranieri che pur avendo un lavoro restano in povertà nel 30% dei
casi – ha sottolineato Renato Briante –
FNAS rilancia il progetto di formare un assistente sociale con funzioni
di coordinamento dei processi di autonomia delle persone straniere in ciascuno
degli Ambiti sociali, per assicurare la presa in cura attraverso un piano
personalizzato per l’inclusione e la tutela da violenza e sfruttamento”.