E improvvisamente si torna agli Anni Settanta: terrorismo, sequestri, rivolte, referendum sul divorzio. E improvvisamente tornano i nomi di Dalla Chiesa, Sossi, Andreotti, Leone… E Graziella Vassallo Giarola, assistente sociale volontaria uccisa all’età di 34 anni il 10 maggio 1974, durante una rivolta nell’allora Casa di Reclusione” Don Soria” di Alessandria.
La città piemontese – in collaborazione con l’Ordine Nazionale, Regionale del Piemonte e la Fondazione degli Assistenti Sociali, l’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria “Carlo Gilardenghi”, il CISSACA e ASM Costruire Insieme – a 50 anni di quei tragici fatti, ha promosso una giornata dedicata alla ricostruzione e alla memoria storica degli accadimenti, al ricordo delle vittime e a una complessiva riflessione sulle trasformazioni avvenute nel sistema carcerario e di detenzione italiani, con un particolare interesse circa il ruolo di chi da sempre vi opera.
Arricchisce la giornata densa di ricordi e proposte, una mostra con i volti, le testimonianze scritte e fotografiche di quegli anni. E di quel giorno di maggio del 1974 quando Graziella Vassallo Giarola entra spontaneamente nelle celle per placare i detenuti in rivolta e viene uccisa. Una medaglia d’oro del novembre di quell’anno – presidente della Repubblica Giovanni Leone, presidente del Consiglio Giulio Andreotti – onorò il suo sacrificio e val la pena ricordare le parole che accompagnarono la consegna dell’onorificenza ai suoi familiari: “Pongo sul piano dei più alti gesti patriottici quello di Graziella. Con lo stesso impeto di difendere le istituzioni ha compiuto uno dei sacrifici più significativi della nostra epoca”; “Esempi come quello di Graziella Vassallo Giarola devono costituire un monito per rafforzare quei valori il cui rispetto è alla base di ogni ordinamento civile. In questa umile e generosa assistente sociale noi vediamo il simbolo di quei cittadini, a volte sconosciuti, che elevando il senso del dovere fino al sacrificio, assurgono all’eroismo e danno senso ai grandi valori dello spirito umano”.
Oggi che – dopo le riforme degli ultimi anni e la riorganizzazione degli istituti di pena – gli assistenti sociali sono praticamente inesistenti nelle carceri, ad Alessandria per esercitare la memoria per costruire il presente e immaginare il futuro della professione, ci sono la presidente e il direttore della Fondazione Nazionale, Silvana Mordeglia e Gianmario Gazzi, la presidente del CNOAS Barbara Rosina e il presidente del Croas Piemonte Antonino Attinà.
“Una professione senza memoria è una professione senza futuro e lo stesso possiamo affermare della società – ha detto la presidente Mordeglia nel ringraziare Paola Cermelli e Ida Baraldi, le due assistenti sociali in pensione che hanno ricostruito la storia di quegli anni in occasione dell’evento – Molto è cambiato, ma molto poco nelle modalità di gestione del potere, delle responsabilità, delle vite delle persone come dimostrano la realtà e le nostre ricerche. Fondazione – ha ricordato – si muove proprio nell’area della ricerca perché ciò che sperimentiamo e comprendiamo nell’esercizio della professione, ha valore e incide sulle decisioni se dimostrato, argomentato. Se vogliamo continuare a dare il nostro contributo per un cambiamento sociale che porti maggiore equità e giustizia, dobbiamo cercare, studiare, sperimentare e agire perché il servizio sociale ha tanto da dire e da offrire in tutti i settori che riguardano l’esigibilità dei diritti”.
“Dobbiamo partire dalla memoria, dalle biografie e dalle ricerche su quanto accaduto e accade nelle istituzioni e nei servizi – ha confermato il direttore Gazzi. Solo studiando e affrontando anche ciò che è andato male, possiamo evitare che succeda nuovamente. Questo territorio, con il suo passato e il suo presente, può diventare un luogo di analisi e sperimentazione di nuovi protocolli e azioni per migliorare e tutelare professionisti e persone”.