E’ di nuovo il 27 gennaio, è di nuovo il Giorno della Memoria e a qualche ora dalla commemorazione, arriva la notizia di un ragazzino preso a calci e sputi nel Livornese da due coetanee al grido di “Zitto te, ebreo di m…brucia nei forni”
Quest’anno, per non dimenticare che 77 anni fa venivano aperti cancelli e celle del campo di concentramento di Auschwitz – che mostrarono agli occhi del mondo quello che in molti non avevano voluto vedere e che nessuno avrebbe potuto immaginare – scriviamo di bambini e bambine, ragazzine e ragazzini che bruciarono davvero nei forni.
Si tratta dei “bambini di Terezín”: quasi 15.000 minori ebrei che tra il 1941 e il 1945, vissero nel campo di concentramento di Theresienstadt (Terezín) e che nonostante la fame, le malattie e le molte privazioni hanno lasciato tracce sorprendenti della loro creatività e voglia di vivere:
Il 90% per cento di quei bambini morirono nei campi di sterminio, ma grazie a una loro insegnante – Friedl Dicker Brandeis, uccisa in una camera a gas nel 1944 – i loro disegni sono al Museo Statale di Praga e spesso fanno il giro di musei e città europee.
La donna, seguendo i piccoli ad Auschwitz, aveva conservato tutto in alcune valigie, così che i disegni non andassero persi e non si rovinassero, catalogandoli minuziosamente e scrivendo al margine di ogni foglio la data di nascita e di deportazione di ogni bambino e, spesso purtroppo, anche la data della loro morte. Le valigie, miracolosamente, hanno passato i controlli e sono state ritrovate solo ben dieci anni dopo la fine del conflitto. I circa 4.000 disegni ritrovati raccontano la prigionia e l’orrore dell’Olocausto attraverso gli occhi di un bambino.
In pochissimi disegni, al posto della data di morte, vi è la scritta sopravvissuto/a. Cosa mai sarebbero potuti diventare i bambini di Terezin? Forse artisti di fama mondiale, o forse no, non lo sapremo mai. Alle adolescenti del Livornese, al mondo intero, anche in loro memoria, ripetiamo “non dimenticheremo”.