La Giornata Mondiale della Salute Mentale (World Mental Health Day) è un’iniziativa che si celebra il 10 ottobre di ogni anno. Istituita nel 1992 dalla Federazione Mondiale per la Salute Mentale (WFMH) e riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, promuove la consapevolezza e la difesa della salute mentale contro lo stigma sociale.
A oltre quarant’anni dalla 180, nota come legge Basaglia, abbattere il muro di silenzio che confina in uno spazio muto il disagio, significa garantire maggiori investimenti e migliore accesso alle cure, significa impegno per sconfiggere i pregiudizi che impediscono una vera inclusione delle persone con disturbo mentale.
La pandemia, ancora una volta, ha visto crescere questo disagio nelle donne, uomini e adolescenti, non soltanto tra i già esclusi o emarginati e, ancora una volta, è la stessa pandemia che ha evidenziato la necessità di indirizzare le azioni verso un approccio di comunità, attraverso i servizi di prossimità, di investire nella sanità territoriale e nei servizi sociali perché la persona sia sempre al centro di ogni progettualità.
Alla Seconda Conferenza Nazionale, “Per una Salute Mentale di Comunità”, promossa dal Ministero della Salute, il Cnoas ha riaffermato la necessità di un approccio multidisciplinare imprescindibile per affrontare la malattia e capace di coinvolgere terzo settore, associazionismo, operatori di diverse professionalità, familiari, sistema pubblico e privato.
E’ infatti necessario garantire in modo uniforme sul territorio nazionale il diritto alla cura e all’inclusione sociale. E abbiamo una grande occasione, con gli investimenti del PNRR, per una riorganizzazione e potenziamento dei servizi territoriali per la salute, anche alla luce delle vulnerabilità emerse nel corso della pandemia.
Dobbiamo superare definitivamente ogni pratica coercitiva nei luoghi di cura e assicurare il diritto alla assistenza sanitaria e riabilitativa alle persone con disturbi mentali autori di reato.
Per realizzare tutto questo è imprescindibile il ruolo svolto, da sempre, dagli assistenti sociali perché consapevoli delle disuguaglianze, sosteniamo gli sforzi in tutto il mondo per garantire che le persone con malattia mentale possano esercitare uguali diritti politici e sociali e partecipare alla vita normale come cittadini a pieno titolo. Laddove possibile cerchiamo di consentire alle persone di vivere nel loro ambiente tradizionale, ad esempio ampliando i servizi sanitari comunitari o domiciliari facilmente accessibili. Attraverso il lavoro di comunità, il lavoro di quartiere nelle città, la promozione di gruppi di auto-aiuto o la consulenza individuale, aiutano le persone con malattie mentali a organizzare la loro vita quotidiana in modo autodeterminato.
Le e gli assistenti sociali prestano particolare attenzione ai fattori di stress sociale e ai determinanti sociali della salute, come opportunità educative, alloggio, opportunità di lavoro, risorse finanziarie, contatti sociali e servizi di supporto nell’ambiente circostante. Se riusciamo a ridurre il livello di stress sociale o di disuguaglianza in uno o più ambiti della vita, ha un effetto rilassante, e favorisce processi di recupero, sentimenti di appartenenza e insieme. Spesso, gli interventi sono intersettoriali, poiché le persone con problemi di salute mentale affrontano sfide in una varietà di contesti della loro vita quotidiana. A seconda del problema cerchiamo di costruire ponti tra i sistemi sociale, sanitario, economico, giudiziario ed educativo.
Come assistenti sociali, svolgiamo con impegno il nostro lavoro, consapevoli che è ancora lunga, e non priva di difficoltà, la strada verso il pieno riconoscimento dei diritti delle persone con disturbo mentale, la tutela della loro dignità oltre ogni discriminazione e la costruzione di un futuro migliore. Il tema di quest’anno, “Salute Mentale in un mondo ineguale”, sintetizza ciò che ogni assistente sociale sa con certezza: non vi saranno diritti e libertà, se non saranno per tutti.